Paola Pezzi – ‘Stile Libero’
con un testo di Lorenzo Madaro
Opening: 17 Maggio 2025, ore 18.30.
“Lo stile libero di Paola Pezzi”
Forme, materiali, colori, superfici che si estrudono dalla parete per diventare scultura, spazio esse stesse: le opere di Paola Pezzi sono generatrici di volumi, di asimmetrie, di salti nel vuoto, di poesia, di stupore, perché il suo, come ha scritto tanti anni fa il suo primo gallerista, lo straordinario Franco Toselli (che prima di tutto risponde al nome di poeta nell’arte e nella vita) è uno “Stile libero”. Ma non basta. Osservando la selezione di opere riunite in questa sua prima personale barese, che Paola Pezzi si è portata dietro dal suo studio fantasmagorico di Milano, affiorano le attitudini primarie di una artista faber, costruttrice non soltanto di volumi immaginifici e inaspettati, ma anche di accidentali e curiosi sfasamenti, di concentrate misure capaci di accogliere e poi sprigionare possibili energie, ma perfino di poetiche del frammento, che la accompagnano sin dai Novanta, il decennio che l’ha vista esordire con impegno solitario e pacifico nel contesto milanese in cui si è formata (a Brera, naturalmente, sotto la guida di Luciano Fabro). Dal suo docente – e da Jole De Sanna, la storica dell’arte pugliese di stanza a Milano, fondamentale studiosa forse oggi un po’ dimenticata e a torto viene coinvolta nel 1985 alla Casa degli Artisti, luogo in quel momento cruciale per mettersi alla prova, per osservare e dialogare, per mostrare il proprio lavoro e per crescere, in autonomia e assieme agli altri. Da Fabro – senza per questo mai diventare, come altri, una sua epigona -, Paola Pezzi ha compreso un passaggio imprescindibile, ovvero che i materiali hanno una vita propria, colori propri e soprattutto si comportano a seconda di come vengono adottati, contestualizzati e direi anche osservati. La scultura a parete di Paola Pezzi infatti è colorata ma mai dipinta, vive infatti con i colori che sono propri dei materiali che di volta in volta adotta. Come una archeologa, nei primi lavori plastici compiuti (agli esordi della prima ora l’artista lavorava soprattutto con la pittura), Paola Pezzi assemblava materiali, poliuretano soprattutto, per costruire delle possibili architetture impenetrabili, quasi dei reperti archeologici. Con una attitudine – che subito affiorava per quella che poi lei stessa ha perfezionato nei lunghi anni di ricerca silenziosa e al contempo operativa, in mostre in musei e gallerie, in progetti personali e in esposizioni corali, Pezzi ha costruito una poetica del frammento e dell’accorpamento, assecondando la convivenza di singoli materiali per concepire inedite composizioni. Tessuti, matite colorate, carte interrate, gommapiuma, nylon, gomma espansa, pvc, gesso: i materiali depositati nello studio di Paola Pezzi sono come un grande archivio a cui attingere di volta in volta, rielaborando forme che dalla realtà trascendono in una dimensione altra e senza geografie, se non quelle culturali che esplicitamente affiorano di tanto in tanto, a cominciare da una certa e voluta attitudine pascaliana molto evidente soprattutto negli assemblaggi con le matite che si tengono assieme per chissà quale astruso stratagemma. Matite che non disegnano, come invece capita nei bellissimi fogli tracciati con mano delicata e insieme sicura dalla sua amica Lisa Ponti e che Paola Pezzi gelosamente custodisce in una cartella molto intima nel proprio studio. Matite che si fanno osservare come possibili totem di un mondo che continua a resistere alle brutture, ai drammi e cerca nella poesia una possibile strada per vivere il reale, penetrandolo con la apparente leggerezza di queste architetture di senso che meravigliano lo sguardo. Lorenzo Madaro